GLI AFFRESCHI BIZANTINEGGIANTI DELLA CRIPTA DI SAN VITO VECCHIO (FINE XIII - INZIO XIV SECOLO)

Gli affreschi, che vediamo in questa suggestiva immagine d'insieme, decoravano le pareti della Cripta rupestre detta di San Vito Vecchio a Gravina. Tale Cripta si trova ancora adesso in un giardino di proprietà privata, nel quartiere denominato delle "fornaci", per la forte concentrazione in tempi passati di botteghe di fornaciari e di maiolicari, botteghe oramai tutte scomparse, nei pressi del cimitero di Gravina, alla fine della via denominata San Vito Vecchio, da cui traggono il loro nome, e nell'ambito della civiltà rupestre della "gravina". La cripta originale, che e' posta al di sotto del piano stradale, era stata dapprima abbandonata, poi ridotta a deposito di rifiuti ed infine usata come pozzo di acqua piovana. .Infatti sul soffitto della cripta originale ancora oggi si può  notare una grossa fessura che permetteva all'acqua piovana di infiltrarsi nell'interno della grotta  in modo tale da trasformare la cripta in un grosso pozzo con acqua ristagnante che nel tempo ha rovinato gli affreschi. Come si può notare, infatti gli affreschi della parete di destra dell'entrata, che si trovavano in basso rispetto al piano di calpestio si sono rovinati di più rispetto a quelli della parete di sinistra, che si trovavano più in alto sempre rispetto al piano di calpestio.

Gli affreschi della Cripta di SAN VITO VECCHIO erano da tempo conosciuti perchè erano stati descritti ed illustrati dai più importanti studiosi di Storia dell'arte, come Bertaux,  Vinaccia, Medea e tanti altri tanto che nel 1956 furono acquistati dallo Stato Italiano che provvide a staccarli  dalle pareti umide per provvedere al restauro conservativo. Le operazioni di stacco dalle pareti furono effettuati, nel 1956, dai tecnici della Soprintendenza di Bari in collaborazione quelli dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma. Gli affreschi furono staccati a sezione, seguendo le fratture che già preesistevano sulle pareti, in modo tale da scongiurare il pericolo di frantumare gli stessi. Inoltre, come si può forse intravedere da due foto dell'epoca, messaci gentilmente a disposizione dal Prof. Angelo Amodio, all'epoca Direttore del laboratorio di restauro della Soprintendenza di Bari, furono fatte delle controforme in legno in modo tale che gli affreschi staccati venissero a depositarsi su di esse. Tali controforme servirono al trasporto degli affreschi a Roma all'Istituto Centrale del Restauro, dove sino al 1958 subirono lavori di restauro conservativo. Dopo il restauro e dopo essere stati applicati su un nuovo supporto che riproduceva esattamente l'invaso della cripta,gli AFFRESCHI di SAN VITO VECCHIO furono esposti nel padiglione dell'Italia, alla ESPOSIZIONE UNIVERSALE DI BRUXELLES, che apri' i battenti l'8 Maggio 1958 e gli affreschi riscossero un notevole successo ed ammirazione generale, come riportano le cronache dei giornali dell'epoca.

In seguito furono esposti ai MERCATI TRAIANEI  a ROMA (1959), alla MOSTRA DELL'ARTE BIZANTINA di ATENE(1964-1965) ed infine alla  MOSTRA DELL'ARTE IN PUGLIA a BARI. Furono depositati in seguito nella Chiesa sconsacrata di San Francesco della Scarpa di Lecce sino al 1967 perchè si intendeva costituire nel Castello di Carlo V di Lecce il MUSEO DEL RUPESTRE. Tale operazione non fu portata a compimento perchè ci fu un estenuante braccio di ferro, durato circa due anni, tra la Città di Gravina e la Soprintendenza di Bari, alleate nell'affermare il sacrosanto diritto di Gravina a rientrare in possesso degli affreschi di San Vito Vecchio da sempre legati alle vicende storiche – artistiche della Città , contro le Autorità statali che consideravano gli affreschi gravinesi, insieme a quelli provenienti da Santa Maria degli Angeli di Poggiardo, il primo nucleo del costituendo Museo del Rupestre di Lecce. La polemica divampò nuovamente allorquando, dopo aver vinto la battaglia sul piano del diritto al ritorno a Gravina, si dovette procedere alla scelta degli ambienti idonei ad accogliere definitivamente  gli affreschi di San Vito Vecchio. Infatti nel 1956 lo Stato Italiano acquistò solo gli affreschi e non tutto il sito con il relativo giardino circostante. Il C.d.A. della Fondazione si adoperò mettendo a disposizione  alcuni locali a piano terra del Palazzo Pomarici Santomasi, che furono adattati ed attrezzati per consentire una adeguata ventilazione delle condizioni climatiche ed ambientali soddisfacenti per una buona conservazione.

Cosi' finalmente gli AFFRESCHI di SAN VITO VECCHIO ritornarono a Gravina nel 1967 e dopo i necessari lavori di sistemazione  ritornarono alla fruizione pubblica nel 1968. I tecnici della Soprintendenza di Bari in concerto con quelli dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma sistemarono gli affreschi nella stessa altezza e posizione di quella originale, isolandoli con una camera d'aria tutto intorno alla struttura della cripta , ricostruita nelle stesse dimensioni, compreso il portale, di cui fu fatto un calco in gesso ed applicato all'ingresso. Gli Affreschi sono stati attribuiti sia dal Prof. Michele D'Elia e sia dalla Dott.ssa Clara Gelao come opera di maestranze locali attive a cavallo tra il XIII ed il XIV secolo, tra Puglia e Basilicata, maestranze che fecero proprie le tecniche dell'arte bizantina.

" Il complesso, fra i meglio conservati del ricco patrimonio di pittura a fresco pugliese d'epoca medievale" , cosi' afferma Clara Gelao nel presentare gli affreschi, è nettamente dominato, nell'abside della cripta che appare come una grossa mandorla retta da quattro Angeli, due a destra e due a sinistra (i due Angeli posti nella parte superiori sono di maggiori dimensioni rispetto ai due inferiori) dalla imponente e maestosa figura del CRISTO PANTOCRATORE seduto in trono, la cui spalliera concava, decorata con piccoli cerchi di perline, segue l'andamento dell'abside stessa. Il CRISTO, dalla barba e  dalla chioma folta, dal volto allungato e con grandi occhi fissi, indossa una tunica rossa con perline, sormontato da  un mantello azzurro. Con la mano destra benedice alla maniera greca mentre con la mano sinistra regge un “Libro” aperto su cui si legge: EGO SU(M)/ LUX MUNDI/ Q(UI) SE/ QUITUR ME NON/ A(M)BULAT IN TE/ NEBRIS/ SE(D HABE)BIT/ (LUMEN) VIT(AE)/ D(OMI)N(U)S (Giovanni, VIII, 12). (Io sono la Luce del mondo chi mi segue non camminerà nelle tenebre ma avrà la Luce della vita) Signore. Il profilo esterno dell'abside e' percorso da una fascia che presenta un motivo decorativo geometrico forse di lontana ascendenza islamica, che consiste in un nastro, che piegandosi a zig-zag, ottiene effetti stereometrici con vivaci colorazione in bianco, rosso e blu.

Sulla parete a destra del Cristo Pantocratore abbiamo le seguenti figure :

  • Le TRE MARIE CHE SI RECANO AL SEPOLCRO e trovano , seduto  un ANGELO che indica con la mano destra il Sepolcro, mentre con la mano sinistra regge un'asta alquanto sottile;
  • Seguono,  poi, quattro SANTI, collocati in una sequenza di piccoli archi sorretti da colonnine con capitelli dorati ed aperti su delle pareti – finte -  con mattonelle a vista: SAN BASILIO, SAN GIACOMO, SAN LAZZARO (tra questi due Santi, in basso e' raffigurato un frate, molto probabilmente si tratta del committente di questi affreschi), ed infine SAN PIETRO;


Sull'altra parete, osservando da destra verso sinistra sono raffigurate :

  • SANTA CATERINA D'ALESSANDRIA;
  • La MADONNA CON IL BAMBINO SEDUTO IN TRONO E BENEDICENTE;
  • SAN BARTOLOMEO (cosi' come si puo' vedere dalla dicitura incisa  sulla parete  BAR/THO/LO/ME/U/S, quindi SAN NICOLA, SANTA MARGHERITA , SAN COSMA ed accanto un Santo Vescovo barbato, forse SAN GIOVANNI CRISOSTOMO e in ultimo SAN MARTINO MENTRE TAGLIA IL MANTELLO, un tardo affresco, molto probabilmente del XVI secolo e che i tecnici hanno voluto rimettere, così come nella cripta originaria a dimostrazione che la Cripta di San Vito Vecchio e' stata quasi sempre usata ed abitata fino al 1500. Attigua alla Cripta, in un'altro piccolo ambiente vi sono alcuni  affreschi provenienti dalla Cripta detta del " PADRETERNO " il cui sito è  posto ai margini del costone della " Gravina ".